venerdì 15 agosto 2008

Quando l'autorità viene meno...

Quando leggo notizie come quella del caso delle Marche, mi viene sempre da riflettere sull'affievolirsi del concetto di autorità.

Cioè: pare che per la maggioranza degli uomini di Chiesa (dai laici ai cardinali), l'obbedienza scatti solo come unica alternativa a conseguenze davvero spiacevoli. Cioè si obbedisce solo quando è la cosa più facile e più conveniente.

Ancora pochi secondi prima della notizia dell'elezione di Benedetto XVI, mi ripromettevo di amare ed obbedire al Papa anche se fosse stato eletto qualcuno assai poco raccomandabile.

Ma in quello stesso momento, quanti avranno avuto quello stesso spirito? E fino a quando avrò quella immeritata grazia?

Senza neppure la necessità di scendere nei dettagli, questi due esempi sono significativi: si proibisce di mostrare i problemi dei neocatecumenali, e nello stesso tempo si ostacola la "messa in latino".

Come se un medico si rifiutasse di curare i malati e si ostinasse a visitare e vessare i sani.

Per questo penso all'affievolirsi del senso di autorità.

I malati arroganti si dichiarano sani, e peggiorano nella loro malattia, ed infestano e danneggiano altri.

Ed il medico, sapendo che le sue medicine verrebbero rifiutate, è giocoforza prudente fino all'eccesso. Il caso delle Marche è solo uno dei tanti esempi.

Non c'è neppure bisogno di ipotizzare bustarelle o pressioni.

Chi deve attraversare un campo minato, dove ogni più piccola mossa può significare un enorme patatrac, diventa cauto fino all'esasperazione. Fino a diventare un burattino.

Come a bordo dell'autobus, il controllore fa paura solo agli onesti. Il criminale viaggia gratis: il controllore non lo vesserà, "tengo famiglia".

In fondo in fondo questo è il motivo per cui qui sul blog usiamo pseudonimi. Sarebbe poco allegro vedere tutti i propri dati, associati a miserabili calunnie, pubblicati nelle mailing-list neocatecumenali (è già successo, assieme a meschinità ben peggiori, non è una paura irrazionale: ed è assai difficile, oltremodo stressante e poco fruttuoso denunciare).

Ai neocatecumenali piace dare un nome e cognome ai "giuda" e "faraoni". Piace vessarli e denigrarli in ogni modo. Piace mormorare, piace calunniarli, piace odiarli. Poiché il Cammino questo insegna: ama i tuoi nemici, a meno che non sia gente che dice la verità su Kiko, su Carmen e sul Cammino.

I neocatecumenali, figli della menzogna, sanno che di fronte alle critiche non bisogna interrogarsi, ma bisogna banalizzare e negare, senza riflettere, senza pensare. Sanno che bisogna parlare per slogan, anche se falsi, perché uno slogan ripetuto un miliardo di volte alla fine estenuerà gli interlocutori e sembrerà verità. E perciò diventa difficile già adesso dire la verità, poiché i loro discorsi, tutti uguali, tutti noiosi, hanno sempre lo stesso ritornello: tutti ci elogiano, solo voi quattro gatti ci criticate; il Papa ci loda, solo Zoffoli ci criticava; siamo approvati, e quindi nessuno ha diritto di elevare obiezioni...

Sanno che possono andare avanti così, proprio a causa dell'affievolirsi del senso di autorità nella Chiesa, grazie al quale è necessario blandire chi disobbedisce, ed è perciò anche necessario torchiare chi obbedisce.

Più disobbediscono, e più mettono la legittima autorità in condizione di doverli blandire, in condizione di dover accettare il "fatto compiuto", in condizione di dover azzerare tutte le pendenze in nome di un'apparenza di miglioramento.

Ancora non molto tempo fa, un Papa poteva dire "la Tradizione sono io", e concludere con queste sole parole questioni di livello mondiale. Come un padre che ha dei figli disubbidienti ma che sanno chi è l'autorità.

Oggi, perfino un Papa come Benedetto XVI deve "stare al gioco", e circondare di venti frasi di elogio una frase che non lo è del tutto... figurarsi il prendere provvedimenti definitivi, da autorità riconosciuta: cioè "da Papa".

E allora si spiega bene la travagliatissima storia del Motu Proprio sulla messa tradizionale, che poteva uscire il giorno dopo la sua elezione al soglio pontificio, e ci sono invece voluti più di due anni.

E si spiega bene anche la questione neocatecumenale, con la "lettera di Arinze" fatta mandare da Arinze perché il Papa sapeva già dove sarebbe andata a finire... lettera inviata quasi di sorpresa (ci sono voluti vari mesi di pontificato), per evitare ostacoli.

Di quale tipo siano gli ostacoli, lo abbiamo visto in tempi recenti: il 25 aprile il Papa diceva (testuale) che non avrebbe esteso l'approvazione degli Statuti... e il 20 maggio Rylko telefona a Kiko per dirgli che gli Statuti sono finalmente pronti.

Siccome è terribilmente più probabile un Rylko compromesso (volontariamente o meno, coscientemente o meno) piuttosto che un Benedetto XVI volubile e meschino (al punto da rimangiarsi la parola), non possiamo fare a meno di pensare che "i lupi" che il Papa teme (discorso di inizio pontificato) circolano anche ai piani più alti, e fanno veramente "paura".

Gli indizi proseguirebbero a lungo; qui voglio solo citare il discorso contro i preti pedofili che il Papa ha dovuto annunciare ancor prima di partire per l'Australia per la GMG. Praticamente i suoi nemici gli hanno "scritto" il discorso ancor prima di partire. E Benedetto XVI, che conosce le armi del nemico (a cominciare dai media), non poteva evitare di stare al gioco.

Di fronte a tutto questo, alcune anime troppo pie e troppo poco intelligenti si lasciano andare, si scandalizzano, e traggono conclusioni a dir poco affrettate. Il caso più notevole sugli Statuti del Cammino è, secondo me, la chiusura improvvisa di un "forum" su internet tenuto su da un sedicente cattolico che ha pensato: siccome il Papa approva i neocatecumenali, allora non ci sono più speranze.

Guardate che ingenuità: ha già stabilito che il Papa "approverebbe" i neocatecumenali. Veramente ingenuo. Conoscendo Benedetto XVI, se anche lo sentissi dire con queste mie orecchie "il Cammino è profondamente cattolico: diventate tutti neocatecumenali!" non perderei la fede e la speranza, perché ciò che il Papa ha in cuore è fin troppo chiaro da decenni ad oggi (e non perde occasione per farlo ripetere da qualche Ranjith o Arinze, tra i pochi di cui si può ancora fidare), e pertanto quell'eventuale pronunciare una frase del genere mi indicherebbe solo che il Papa vi è costretto per evitare un male peggiore.

È l'ingenuità che fa dimenticare a certuni che "le porte degli inferi non prevarranno", così come è l'ingenuità a far dimenticare che chi combatte per affermare la verità, agli occhi del Signore ha già vinto, anche se il mondo continua ad andare sottosopra.

Il mio successo nell'evidenziare le storture del Cammino non è nel numero di neocatecumenali che rinnega quegli errori. Al contrario, il mio successo è l'amare la verità e continuare a mostrarla. E so che nella giusta direzione ho fatto qualche passo avanti, poiché il denunciare le storture del Cammino mi ha costretto ad approfondire temi di fede e di liturgia che altrimenti avrei potuto trascurare. Chi lotta per affermare la verità, finisce per amarla di più. Chi lotta per affermare la dottrina della Chiesa, finisce per amarla di più. Chi lotta per proteggere e promuovere la liturgia della Chiesa, finisce per amarla di più. Chi lotta perché si obbedisca di più al Papa, finisce per obbedirgli di più. Anche se circolano tanti "lupi".

Beninteso, io non penso che quei "lupi" abbiano tutti un nome e un cognome.

Ci sono dei lupi che non sono materiali. Quelli hanno un nome invocato ogni giorno: "solo per stavolta", "parrà brutto se", "non è poi così grave", "ma dopotutto che c'è di male"... questi lupi virtuali governano le teste di tanta gente, oggi. E sono fortissimi anche nei sacri palazzi.