martedì 12 agosto 2008

La messa neocatecumenale non vuole assolutamente essere un sacrificio

Il fatto che Kiko agiti paroloni come "il sacrificio di Cristo" non deve trarci in inganno.

Se io ti mostro un bicchiere dicendoti "questa è una bottiglia", tu come reagisci? Dapprima ridi pensando ad uno scherzo, poi nel vedermi insistere cominci a domandarti perché mai sto dicendo una simile insulsaggine.

Ma quel genere di insulsaggini purtroppo non è più prerogativa dei malati di mente. Esistono persone - e Kiko e Carmen sono due di queste - che utilizzano deliberatamente delle parole intendendo però un diverso significato.

Per capire cos'è la Messa abbiamo anzitutto i Vangeli. Gesù ha detto "fate questo in memoria di Me".

Lo ha detto in un momento drammatico, sapendo che stava per essere tradito, sapendo che stava per essere consegnato. Aveva perfino dovuto scegliere un posto tranquillo e appartato, dove poter stare con gli Apostoli, lontano dalle folle e dal clamore. E non possiamo dubitare che lo abbia scelto proprio perché stava per "inventare" la Messa (mi sia consentito di usare qualche parola non proprio esattissima, solo per riassumere velocemente ciò che ho da dire).

Era cominciata come l'ultima pasqua ebraica, ed invece Gesù ha fatto qualcosa di nuovo, di inaudito: "fate questo in memoria di Me". L'ebraismo non conta più: è "la Nuova ed eterna Alleanza".

Infatti gli Apostoli capiranno benissimo: non aspetteranno la pasqua ebraica successiva per "fare questo". Anzi, dalla Pentecoste lo faranno ogni giorno. Il calendario ebraico non avrà più senso, la pasqua ebraica sarà solo un ricordo. A poco a poco - anche con qualche piccola difficoltà a causa dei "giudaizzanti" - gli Apostoli lasceranno perdere il vecchio ebraismo. E ne saranno confermati dal Signore in più occasioni.

Abbiamo dunque come dati storici l'antica pasqua ebraica (un banchetto rituale), e la Messa (la ripetizione incruenta del sacrificio della croce).

Fa' attenzione alla prima definizione: "banchetto rituale". Banchetto sì, ma "rituale". Un rito complesso, molto articolato, molto preciso, con lo stato d'animo della profonda attenzione religiosa. Per l'appunto: "rituale". Non chiassoso. Niente baccano festaiolo. Niente ammuina da osteria di campagna.

Ed osserva anche la Messa cristiana: "ripetizione incruenta del sacrificio della croce". Quale poteva essere lo stato d'animo degli Apostoli nel celebrare "questo" in memoria di Lui? Certamente avevano il cuore pieno di gioia: ma era forse chiassoso? festaiolo? baccanale? parolaio? ballerino?

Assolutamente no. Ed infatti venti secoli di "crescita" della Messa (e di crescita della consapevolezza della divina Rivelazione) non hanno mai ridotto il "sacrificio incruento" a "banchetto".

Tranne, ovviamente, i protestanti. Sono stati i protestanti a ridurre la Messa a "santa cena", fino ad annoiarsene rapidamente loro stessi (un "racconto" o una "cena" a lungo andare annoiano). E' stato il protestantesimo ad inventarsi una cosa nuova. I protestanti si annoiavano di pregare, si scocciavano di adorare, e così hanno semplificato tutto, banalizzato tutto. Fino ad annoiarsene definitivamente (quanti protestanti oggi celebrano la "santa cena"?)

Non sappiamo dire se i primi cristiani si inginocchiassero alla consacrazione del pane e del vino, ma certamente possiamo supporre che erano nello stato d'animo di intensa preghiera, di unione con Dio, di serietà, di devozione... insomma, praticamente, di adorazione: sono le conseguenze più logiche, più ovvie, più verificabili, di ciò leggiamo nel Vangelo. Gli Apostoli l'hanno vissuta così. Gesù ha detto "questo è il mio Corpo offerto in sacrificio...", ed ha detto "fate questo in memoria di Me": più chiaro di così! Altro che banchetto festoso!

Ecco dunque il punto.

Se non ci fosse già stato il protestantesimo cinque secoli fa, avremmo potuto dire che Kiko si è inventato una cosa nuova.

Il baccanale "messa-banchetto" inventato da Kiko e Carmen è semplicemente il protestantesimo che torna sotto altre forme. Torna per lo stesso motivo: Kiko si è scocciato della messa "seria", e se ne è inventata una con balletti, canzonette, comunione self-service al buffet, generose spruzzate di cabala pescate a caso, e sagra paesana delle chiacchiere a vànvera.

Nella liturgia kikiana non c'è posto per l'inginocchiarsi, non c'è posto per l'adorazione, perché la celebrazione serve a far tornare "dalla tristezza all'allegria" i cosiddetti "fratelli che vengono dall'inferno".

E quel che è ancor più grave, è che Kiko non ha mai rinnegato questo. Al contrario, di fronte alle "decisioni del Santo Padre" in cui si comandava di seguire la liturgia della Chiesa "senza omettere né aggiungere nulla"... gridava: "una vera catastrofe! siamo persi! è tutto finito!"